Una nuova solidarietà anti-crisi

Banche e imprese

Il calo dell'inflazione in Italia iniziato a settembre prosegue in modo marcato così come nella Ue. E' una notizia positiva per il potere d’acquisto delle famiglie che va collocata in un contesto internazionale, europeo, italiano che rimane preoccupante. Riflettiamo su questi fatti, sulle cause e sugli effetti del calo dell'inflazione, sulle connesse politiche monetarie e creditizie.

I fatti. In Italia ad agosto i prezzi al consumo sono cresciuti, rispetto allo stesso mese del 2007, del 4,1% raggiungendo il culmine di una accelerazione. Poi si è verificato un calo che ha portato a dicembre 2008 una crescita dei prezzi del 2,2% tendenziale, cioè rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Una frenata che attenua molto il brutto dato medio annuo per il 2008 con una inflazione al 3,3%. Il calo è dovuto in particolare al ripiegamento nel prezzo dei carburanti che ha segnato a dicembre una diminuzione tendenziale molto forte mentre in crescita sono ancora, tra gli altri, i prodotti alimentari e il capitolo abitazione- acqua-elettricità-combustibili. Tuttavia in dicembre su novembre, c'è stato anche qui o un rallentamento netto o un decremento.

Per il 2009 si prevede un’ulteriore frenata dell'inflazione fino all'1% verso metà anno per poi risalire nella seconda parte chiudendo in media annua ben sotto il 2% se il prezzo del petrolio si manterrà intorno ai 50 dollari al barile. Il confronto con Eurolandia, riferito a novembre, ci vede con una inflazione tendenziale più alta di circa 0,6 punti percentuali. Le cause del calo dell'inflazione sono almeno due, entrambe riconducibili alla crisi internazionale in atto con il drastico rallentamento nella crescita e con previsioni non positive per il 2009. Il calo della domanda aggregata, e anche la fine dell'ondata speculativa, hanno determinato un crollo nel prezzo del petrolio che s'è avvicinato ai 150 dollari al barile in luglio, iniziando poi una discesa che l'ha portato in dicembre sotto i quaranta.

A questo calo si è associato quello di molte altre materie prime con effetti graduali sui prezzi dei prodotti. Sono eventi positivi per i consumatori italiani il cui potere d'acquisto aumenta, in parte alimentato anche dal buon andamento dei saldi stagionali. Tuttavia uno scenario deflazionistico incide sulla fiducia e sui comportamenti. E' chiaro infatti che le famiglie sono portate ad un comportamento prudenziale a causa sia del passato sia del futuro. Per il passato basti rilevare che chi aveva risparmi in Borsa è stato falcidiato dai crolli nei prezzi anche di titoli solidi con riferimento ai quali, tuttavia, è bene rilevare i notevoli rendimenti attuali e il fatto che il mercato non ne riflette adesso i valori effettivi.

Per il futuro basti rilevare che molti temono, o già soffrono, della cassa integrazione e della disoccupazione al qual proposito è bene tuttavia anche rilevare che si stanno potenziando gli ammortizzatori sociali (sperabilmente incrementabili anche attingendo al Fondo sociale europeo) e che il nostro tasso di disoccupazione, malgrado il peggioramento, èmigliore di quello tedesco e francese. E ancor più di quello spagnolo, in tal caso poco esemplare. Quanto alle imprese ci vorrebbe una prospettiva di adeguata domanda, purtroppo debole dovunque e anche in Germania dove noi esportiamo, per spingerle ad investire. Tutto ciò preoccupa e poco importa che varino i giudizi a seconda che si qualifichi la situazione descritta come recessione, deflazione o, addirittura, depressione. Le politiche monetarie e creditizie, infine, debbono tenere conto delle relazioni tra i prezzi e i tassi di interesse.

Perciò la Banca Centrale Europea, dato il calo dell'inflazione, dovrebbe ulteriormente abbassare il tasso di interesse ufficiale dal 2,50% fissato il 10 dicembre. E' ben vero che l'Euribor, cruciale tasso di mercato, dai massimi di ottobre si è quasi dimezzato su tutte le scadenze con le più brevi già sotto il 2,50%. Ma c'è spazio per ulteriori cali e per un miglioramento delle condizioni del credito, anche in Italia. E' molto positivo che il nostro sistema bancario fino ad ora non abbia attinto alle finanze pubbliche, diversamente da quasi tutti gli altri Paesi europei, e stia uscendo pressoché indenne dalla «spazzatura finanziaria» americana. Aspetti che pare sfuggano alle astratte dottrine dell' Antitrust.Ma proprio per questa solidità, il nostro sistema creditizio può adesso fare di più per le imprese e le famiglie. Con riferimento ai mutui prima casa, utili sono stati l'accordo di maggio tra l'Abi e il ministro dell'Economia e la misura presa da quest'ultimo nel decreto anticrisi di novembre sull'accollo degli interessi eccedenti la soglia del 4%.

Di questi dispositivi sarebbe opportuno adesso un aggiustamento, specie per i mutui a tasso fisso, in linea con il calo negli interessi di mercato. Quanto alle imprese, per ridare loro fiducia, è cruciale il sostegno forte del sistema creditizio che potrebbe promuovere soprattutto il finanziamento di investimenti tecnologici. A tal fine ci vogliono accordi tra le Associazioni di categoria imprenditoriali e bancarie con la partecipazione dei ministeri dell'Economia e dello Sviluppo in modo da potenziare le misure fiscali a favore della produttività, dei finanziamenti alla ricerca applicata, di quelli alle reti di impresa e delle misure previste in «Industria 2015». In questa crisi, per ora, il nostro Paese, troppo spesso criticato, si sta comportando bene. Potrebbe uscirne anche meglio se desse forza a quella solidarietà per lo sviluppo che ha caratterizzato i momenti migliori della sua Storia.

Alberto Quadrio Curzio

Fonte : www.corriere.it

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